Separazione: i nuovi compagni non devono turbare i figli
Cassazione, I sezione civile, sentenza n. 11448/2017
Per la Cassazione corretto l’affidamento al padre se la madre impone ai figli la presenza del nuovo compagno.
Nell’affidamento congiunto, è corretto collocare i figli presso il padre, a seguito della separazione, se i ragazzi hanno manifestato disagio a stare con la madre che gli imponeva costantemente la presenza del nuovo compagno, senza lasciar loro il tempo necessario per elaborare il cambiamento.
Tanto si desume dalla sentenza della Corte di Cassazione, prima sezione civile, n. 11448/2017, che ha disatteso alcuni dei motivi di doglianza della ricorrente.
Nella vicenda in esame, a seguito della separazione tra i coniugi, i figli della coppia venivano collocati prevalentemente presso il padre, in considerazione del disagio manifestato dai ragazzi per l’eccessiva tendenza della madre a coinvolgere nella loro vita il suo nuovo compagno. Tale situazione contrastava infatti con l’esigenza dei figli di elaborare il cambiamento nei tempi dovuti.
L’affidamento congiunto, nonostante le rimostranze della donna, viene confermato dalla Corte d’Appello sulla scorta della CTU e delle dichiarazioni dei figli agli esperti, e l’esito non cambia neppure in Cassazione.
Innanzi alla Suprema Corte, precisamente, la ricorrente censura la collocazione dei figli presso il padre, con suo diritto di vederli solo due fine settimana al mese, lamentando la violazione dell’art. 155 c.c. e dell’art. 8 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo (CEDU). La difesa infatti evidenzia che la decisione dei giudici di merito sarebbe lesiva del diritto dei figli alla bi-genitorialità e al mantenimento di stabili relazioni con la madre.
La Cassazione considera tale motivo inammissibile, in quanto si risolverebbe in critiche di merito (precluse in sede di legittimità) alle ragioni indicate nella sentenza impugnata, quale fondamento della valutazione di preferibilità del collocamento dei ragazzi presso il padre.
Viene accolto, invece, il motivo di doglianza teso a contrastare la decisione di addebitare alla donna la separazione a causa della relazione extraconiugale. Non appare dimostrato, infatti, che essa preesisteva alla separazione.
I giudici rammentano che, in tema di separazione personale tra i coniugi, l’addebito non può fondarsi sulla sola violazione dei doveri che l’art. 143 cc pone a carico dei coniugi, essendo necessario che tale violazione abbia assunto efficacia causale nella determinazione della crisi coniugale oppure che fosse intervenuta quando era già maturata una situazione di intollerabilità della convivenza.
Se non si raggiunge la prova che il comportamento contrario ai doveri nascenti dal matrimonio, tenuto da uno dei due coniugi o da entrambi, sia stato la causa del fallimento della convivenza, deve essere pronunciata separazione senza addebito.
Nel caso in esame manca qualsiasi riferimento all’elemento decisivo dell’epoca in cui la signora avrebbe cominciato la sua relazione extraconiugale e soltanto una relazione intrapresa prima della separazione sarebbe potuta essere causa della stessa.
Fonte: Studio Cataldi