L’obbligo di contribuire al mantenimento dei figli con assegno periodico cessa solo se c’è un provvedimento giudiziario
Cassazione, sezione III Civile, sentenza n. 17689/2019
Il genitore tenuto al versamento del contributo periodico per il mantenimento del figlio rimane obbligato verso l’altro genitore anche se il secondo non sia più collocatario del figlio. La forza esecutiva del provvedimento che prevede l’assegno, può essere neutralizzata solo da un altro provvedimento giudiziario che preveda la cessazione di quest’obbligo.
La decisione 17689/2019 è una interessante pronuncia cui ha dato risalto anche la cronaca giudiziaria nazionale e che riguarda un caso di cui si è occupato questo Studio. La vicenda, per quel che qui rileva, incomincia nel 2010 quando il Tribunale di Treviso dichiara il divorzio di due coniugi e affida il figlio dodicenne a entrambi, collocandolo presso la madre e disponendo che il padre versi all’ex moglie un contributo per il mantenimento del ragazzino di 600 euro al mese.
Nel 2012, per ragioni sulle quali non vale qui la pena di soffermarsi, il Tribunale per i Minorenni dispone però il collocamento presso il padre, senza nulla prevedere (non avendone neppure la competenza) in ordine al mantenimento. A distanza di qualche tempo la madre intima con atto di precetto all’ex coniuge il pagamento dei 600 euro mensili previsti dal Tribunale di Treviso, ma non più versati dopo il trasferimento del figlio in casa del padre. L’opposizione proposta dall’ex marito viene rigettata dal Tribunale che sottolinea come l’esonero dall’obbligo di mantenimento possa conseguire solo a una pronuncia del Tribunale che l’interessato avrebbe potuto sollecitare attivando “il procedimento previsto dall’art. 9 della legge sul divorzio” per la modifica delle condizioni economiche.
La Corte di Cassazione ha confermato questa decisione (che era già stata avvallata anche dalla Corte d’Appello) ribadendo che “in assenza di un procedimento di revisione delle condizioni economiche del divorzio, il padre rimane in ogni caso tenuto al versamento dell’assegno di mantenimento in forza dell’esecutorietà del primo provvedimento”. Questo è un principio che dovrebbe essere tenuto ben presente dai genitori separati e divorziati, in quanto accade abbastanza spesso che il genitore tenuto a versare un assegno smetta di corrisponderlo perché la situazione di fatto è pacificamente mutata (ad esempio quando i figli sono diventati economicamente autosufficienti). In questo modo si rischia di vedersi presentare a distanza di tempo (visto che il credito si prescrive in 5 anni) un conto per tutti gli assegni pregressi.
Si sottolinea, infine, che nella fattispecie la Corte di Cassazione ha espresso con chiarezza anche un altro concetto molto importante: il tempo prevalente di permanenza di un figlio con un genitore è solo uno dei parametri che devono essere tenuti in considerazione per stabilire l’eventuale assegno perequativo; quindi ben può essere che il genitore non collocatario abbia il diritto di ricevere un contributo per il mantenimento del figlio dal quello che se ne occupa in via prevalente.