Impugnazione del riconoscimento dello status di figlio: quale termine?
La questione rimessa dalla Corte d’Appello di Milano alla Consulta riguarda l’art 263 cc che, nella formulazione successiva alle modifiche apportate dall’art. 28 decreto legislativo 28 dicembre 2013 n. 154, disciplina l’impugnazione del riconoscimento dello status di figlio per difetto di veridicità assegnando un’azione imprescrittibile a colui che è stato riconosciuto e attribuendo all’autore del riconoscimento e a chiunque vi abbia interesse in termine annuale o quinquennale.
Il dubbio di legittimità discende dal fatto che secondo la Corte Milanese la mancanza di un esplicito riferimento normativo all’interesse del minore obbligherebbe il Giudice ad accogliere l’impugnazione rimuovendo lo “status filiationis” ogni qualvolta risulti in contrasto con la verità biologica e genetica.
La Corte Costituzionale ha dichiarato la questione non fondata ritenendo che una corretta interpretazione dell’art 263 cc imponga comunque al Giudice dopo la «comparazione degli interessi in gioco» di far prevalere sull’accertamento della verità biologica “il diritto all’identità” acquisita attraverso un riconoscimento non veritiero se questo nel caso concreto possa corrispondere all’interesse del minore, principio «fortemente radicato sia nell’ordinamento interno che internazionale».
La sentenza che si inserisce in una vicenda in cui lo “status filiationis” rimosso riguardava una madre committente di maternità surrogata con “ovodonazione” di una terza persona afferma però anche un altro importante principio:
«Nella valutazione comparativa, nel silenzio della legge, fa parte necessariamente l’elevato grado di disvalore che il nostro ordinamento riconnette alla surrogazione dei maternità, vietata da apposita disposizione penale».
Sentenza Corte Costituzionale 272/2017